Studiare da chef, tra talento e grandi sgobbate

È una delle professioni che più affascinano i nostri ragazzi. M come si diventa chef? Dalla scuola superiore fino ai master più accreditati, la strada è lunga, ma piena di stimoli e soddisfazioni. Soprattutto in Italia, dove l’alta formazione è una delle più accreditate al mondo.

Il titolo di MasterChef 2023 va a……”. Ecco, chi non ha visto almeno una puntata del talent culinario televisivo più seguito al mondo? E noi lì a fare il tifo per il ragazzo più giovane, o la mamma più simpatica, per la macchietta comica, per il timido di turno.
Senza dar troppo peso al format, che vive come sappiamo anche di audience, chi arriva in fondo ha comunque una marcia in più. Talento? Certamente, ma c’è di sicuro anche tanto, tanto studio. Perché diventare chef non è per tutti.

L’elenco delle caratteristiche che definiscono tale uno chef sono davvero molte: la creatività innanzitutto, per rinnovare l’offerta e stare al passo con il cambiamento nel gusto e nelle abitudini della clientela; la conoscenza tecnica, per padroneggiare perfettamente la lavorazione degli alimenti; la puntualità, nel curare nei minimi dettagli l’esecuzione e la presentazione dei piatti; la velocità, l’ordine, la pulizia. Ma ce ne vogliono altre di doti, quali saper coordinare la brigata di cucina e spesso di sala, sapere sviluppare il menù e determinarne i prezzi, saper lavorare sotto stress. A tutto questo si aggiungono altre skill manageriali importanti, come la capacità di gestire gli approvvigionamenti, con i relativi costi, essere aggiornati sulle norme igenico-sanitarie, conoscere (bene) altre lingue oltre la propria e soprattutto saper mantenere la leadership, senza la quale in cucina sarebbe impensabile raggiungere un qualsiasi livello di risultato o di successo.

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Studiare da chef
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Lo chef in cucina è insomma il numero uno, anche se essere leader è di fatto più complicato. Magari arrivare ad essere il numero uno ci si riesce, ma essere riconosciuto come tale è più raro. Si pensi solo alla famosa “brigata” di cucina di cui tante volte sentiamo parlare, dove ognuno ha un compito assegnato diverso dall’altro e dove tutto il lavoro si deve incastrare alla perfezione. Chi, se non un vero leader, sarebbe in grado di organizzare il lavoro di cuochi, sous-chef, chef de partie, commis, demi-chef, pasticceri, pizzaioli, sommelier, maître di sala..? Dove, in aggiunta, lo spazio per muoversi è poco e il tempo è sempre, ma sempre, serratissimo?

Ecco, se non vi abbiamo scoraggiato, ma anzi, incuriosito, per diventare in Italia ci sono principalmente due percorsi: la frequenza di una scuola alberghiera o di un istituto professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità e il conseguimento di una laurea triennale o specialistica in scienze gastronomiche presso un’università. Gli istituti superiori di solito durano cinque anni, permettono di conseguire un diploma equivalente al diploma di maturità e includono materie professionali come cucina, pasticceria, economia e gestione aziendale. Oltre alle materie base, i corsi universitari approfondiscono invece anche temi come la scienza degli alimenti, la sicurezza alimentare, l’organizzazione manageriale. Dal titolo accademico si può accedere poi, tramite selezione o iscrizione diretta, anche a diversi master di specializzazione.

Tra le scuole alberghiere, istituti professionali e accademie più rinomate in Italia, dove abbiamo un’offerta formativa tra le più accreditate al mondo, per chi desidera intraprendere la carriera di chef, ci sono: la Food Genius Academy, di Milano, che ha il Bachelor Degree in Culinary Arts & Food Service Management, per formare i nuovi Kitchen Manager; l’Università del Gusto di Vicenza, che offre una formazione specializzata in pasticceria per il settore della ristorazione; il Master della Cucina Italiana, che più che una scuola è un’accademia di cucina professionale dato che vi insegnano oltre trenta chef stellati; la Scuola di Arte Culinaria Cordon Bleu di Firenze, che vanta di essere la più antica accademia culinaria in Toscana ancora attiva; l’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo, in provincia di Cuneo, che insieme ai percorsi di studio tradizionali offre anche molti corsi a livello amatoriale per tutti gli amanti della cucina; il Coquis Ateneo della Cucina Italiana di Roma, che offre corsi professionali di cucina, pasticceria, sala e management per formare i migliori professionisti del settore. E naturalmente, fondata dal grande Gualtiero Marchesi, c’è la famosissima accademia Alma, il più autorevole centro di formazione della cucina italiana a livello internazionale, che ha sede nello splendido Palazzo Ducale di Colorno, in provincia di Parma.
Chi volesse infine specializzarsi nell’arte della pizza, c’è l’Associazione Pizza Verace Napoletana, che ha scuole e corsi per professionisti in tutto il mondo.

Lapalissiano dire che per tutti quelli che vogliono intraprendere questa strada, fondamentale è affiancare allo studio una solida esperienza pratica, svolgendo stage e tirocini presso ristoranti, alberghi e cucine professionali. Questa vera gavetta sul campo è considerata indispensabile per affinare le competenze tecniche e soprattutto gestionali. Sebbene, per inciso, chi vuol intraprendere questa professione, non abbandonerà mai lo studio.
Il talento è la base, le grandi sgobbate pure. Ma ci vogliono anche tanta sensibilità verso le persone, oltre al rispetto per la materia e per il territorio. Come a dire che al centro del lavoro di uno chef non ci sarà mai solo del semplice cibo, ma un viaggio senza confini, come ci fa capire uno degli chef nazionali più apprezzati al mondo, la star Carlo Cracco:

“Io sono essenzialmente un cuoco, passo qui dentro sedici ore al giorno, cucinare è un atto d’amore perché lo fai per gli altri. Vale anche per gli chef: cambia la difficoltà, non l’atto. Il difficile è capire il cliente, conoscerlo, intuirlo quando si mette a tavola, decidere dopo due parole cosa gli piacerà oppure no. Mi sento un po’ psicologo e un po’ alchimista. In Italia abbiamo l’immensa fortuna delle materie prime e della tradizione, se si mangia male la colpa è sempre di chi non sa cucinare, mai del cibo”. (di Maurizio Crosetti, “Un alchimista ai fornelli”, Repubblica).

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