Non si ferma la ricerca dei ristoratori verso l’offerta di nuove esperienze gustative. Il “food pairing”, tecnica creativa nata dalla contaminazione creativa tra chef e bartender, sta diventando una vera e propria arte, tanto difficile da bilanciare, tanto forte nella sua nativa provocazione.
– Ecco i frutti di mare che avete ordinato. Posso proporle un Franciacorta in abbinamento?
– No grazie. Preferirei un Mojito.
Aiuto, siamo in un film troppo originale? Un libro che hanno sbagliato a stampare?
Non proprio. Siamo più semplicemente in un ristorante come tanti altri, magari solo un po’ più attento a come si muove il mercato.
È così, oggi la ristorazione è sempre più orientata ad ampliare l’esperienza gustativa dei propri clienti, gli stessi che stanno modificando il mercato del fuoricasa, facendo moltiplicare le location dedicate al momento cosiddetto-aperitivo. Un’onda che solo in Italia ha visto il numero totale di nuove aperture crescere del 4% tra il 2020 e il 2022 (NielsenIQ), con un giro d’affari a +33% rispetto al pre-pandemia.
Il fuoricasa insomma è sempre più apprezzato, per socializzare, vedere gli amici, festeggiare, al bar o al ristorante, ma anche per testare nuove esperienze gustative, sia per quanto riguarda il cibo, sia per gli alcolici proposti in abbinamento ai piatti: stiamo parlando di vino e sì, anche di cocktail.
Perché è facile immaginare il bartender dietro al bancone, che si destreggia tra shaker, strainer, muddler, cavatappi. Meno facile è immaginarlo a preparare un cocktail per il menù di uno chef.
Ecco dunque come è nata la nuova via del piacere gustativo; si chiama food pairing, una tecnica creativa nata proprio dalla contaminazione creativa tra chef e bartender, per combinare sapori in modo inaspettato ma complementare.
Questa doppia miscelazione – quella che attiene proprio al mondo dei cocktail e quella di ogni preparazione culinaria – sta diventando una vera e propria arte, tanto difficile da bilanciare, tanto forte nella sua nativa provocazione.
Se ci pensiamo, già l’hotellerie internazionale propone formule all day eating and staying così che le persone possano scegliere in un arco di tempo il più ampio possibile un’occasione di ristoro ed accoglienza.
Qui troviamo mischiate le tradizionali occasioni di consumo, già infatti non è insolito trovare la carta dei vini in quella che tradizionalmente chiamavamo Breakfast Menu. Presto allora non sarà così inusuale trovare quella dei cocktail all’interno della Dinner Card.
Le tradizioni culinarie e la storia forniscono orientamenti certo, ma il food pairing moderno prova combinazioni insolite oltre il noto. L’obiettivo del food pairing è creare equilibrio e armonia tra i sapori, generando nuove sen-sazioni gustative e piatti originali.
Per fare un buon abbinamento è importante però essere davvero preparati, valutare vari aspetti, come le fami-glie chimiche degli ingredienti, ad esempio acidi organici, alcoli, aldeidi, responsabili di sapori e odori; ma anche i livelli di acidità, le tonalità e le intensità dei sapori, non ultime le tecniche di preparazione, come cotture, marina-ture, fermentazioni e così via.
I principi di base da rispettare sono gli stessi utilizzati da ogni professionista del food&beverage: equilibrare, completare e magnificare sapori e aromi.
Alcuni abbinamenti per neofiti? Il Margarita è perfetto con tacos, guacamole, nachos; il Gin Tonic con le tapas speziate; il Mojito con piatti a base di gamberi, cozze, frutti di mare, il Martini con risotti a base di burro e for-maggio, il Negroni con antipasti misti o formaggi stagionati. Non c’è che provare.
Inutile dire che i migliori Barchef, così viene definita questa nuova generazione di mixologist, sono tutti italiani: Dario Comini, Simone Caporale, Ago Perrone, Tato Giovannoni, Giorgio Bargiani, Maura Milia, solo per citarne alcuni.
Così Dario Comini, figlio d’arte, bartender mixologist da tre generazioni, pluripremiato e consulente delle maggiori case liquoristiche mondiali:
“Il food pairing è una tendenza tutta da scoprire in Italia e il mio obiettivo è far capire alle persone che si può de-gustare un cocktail non solo prima e dopo cena ma anche durante, creando un’esperienza gastronomica nuova a base di più sapori che si incrociano fra loro. La chiave di tutto, almeno secondo me, sta nella sinergia tra la cucina e il bar: il bartender può lavorare a stretto contatto con gli chef e queste due figure, insieme, possono ampliare la loro conoscenza di ingredienti e tecniche, stimolando al contempo la reciproca creatività.” (www.beverfood.com)
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