A scuola di gentilezza. Anche (e soprattutto) al ristorante.
5 Dicembre 2022Oggi intervistiamo Claudio Achilli, Business Coach e appassionato docente che progetta interventi formativi contaminandoli con momenti ad alto impatto emotivo.
1_Lavoro di squadra in cucina: dalla sua esperienza, quali sono i pilastri di un team di successo?
Ci sono quattro livelli a mio avviso attraverso i quali si può costruire un team di successo.
L’empatia innanzitutto. In cucina tra chef e staff deve scattare una reciproca predisposizione all’ascolto, alla costruzione positiva delle relazioni, alla predisposizione a comunicare.
Poi c’è il Flowcking, il livello che ha a che fare con il risultato. Parlo del risultato atteso dalle persone che costituiscono lo staff e dello specifico compito che queste sono chiamate a fare ogni giorno. Ad ogni persona deve essere assegnato un ruolo ben definito, non funziona assegnare incarichi tutti uguali, tutti che sanno fare tutto. Per il ruolo che viene a ciascuno assegnato, ecco che ognuno può raggiungere i migliori risultati, avendo l’occasione di mostrare competenza, passione e motivazione.
Cosa dire poi della Resilienza, il livello che associo alla responsabilità. Indipendentemente dal ruolo di ogni membro che compone la brigata di cucina, o di sala, l’obiettivo di un team di successo è quello dove ognuno si assume la responsabilità di contribuire con idee e creatività al raggiungimento del miglior risultato, facendosi carico anche della risoluzione dei problemi, piccoli o grandi che siano.
Infine, non meno importante, durante i miei corsi cito sempre la Stigmergia, che ha a che fare con il senso di appartenenza. Ci tengo molto a questo aspetto, dove al centro c’è “il segno” che sta allo chef indicare, come al titolare, al leader insomma. Non parlo solo di appartenenza ad una divisa, ad un logo; se dovessi fare un esempio citerei Elio Sironi, chef di Ceresio 7 a Milano, tra i più conosciuti al mondo, che ogni mattina riunisce la sua brigata all’ora del primo caffè, per discutere di quello che è successo il giorno prima o di quello che sarà il programma della giornata. Ecco, questa semplice cosa rende forte il messaggio di senso di appartenenza: una brigata con un leader che si mette allo stesso livello, per comunicare forza e passione, per infondere sicurezza e senso di appartenenza e di gruppo.
2_Da cosa dipende la leadership?
I fattori sono molteplici. È leader innanzitutto chi sa comunicare, non solo parlare, sono due cose molto diverse. È colui che si interroga, che fa molte domande, che si fida e si affida. Che delega e che con questo trasferisce competenze, nella piena fiducia e consapevolezza che le persone cui delega responsabilità sono le stesse che forse apriranno un proprio ristorante, che magari diventeranno un giorno suoi concorrenti. Leader è colui che non invidia infatti, anzi; è colui che dice “noi” e non “io”. Leader in cucina è colui che trascina, con passione e che conduce il ritmo della brigata, nella fatica e nella soddisfazione, che coinvolge, travolge e premia.
3_Professionisti in cucina: com’è la situazione attuale? Cosa sta cambiando?
Il Food&Beverage, in Italia come in Europa, è uno dei settori trainanti, in crescita costante. Il post-pandemia ha confermato quanto le persone cerchino soprattutto convivialità, bellezza di ritrovarsi davanti ad un buon bicchiere di vino, di uscire di casa per tornare a rivivere. Stanno nascendo piccole e grandi realtà nel mondo della ristorazione, dai nuovi ristoranti guidati da chef stellati ai semplici bistrò, ma su tutti direi che la mia esperienza mi porta a rilevare che non c’è più spazio per l’improvvisazione. Sopravvive la location dove si percepisce ricerca, innovazione, profondità di offerta, dove il cliente è perfettamente in grado di riconoscere la qualità del servizio prima di tutto e delle materie prime. E proprio la vocazione alla sostenibilità oggi può diventare la vera chiave di volta di successo di un nuovo locale e con essa l’innovazione, la ricerca, la propensione alla sperimentazione. Certamente si tratta di nuove sensibilità verso il cliente che vanno comunicate bene, raccontate bene ed è proprio compito del professionista attento farsi carico di sviluppare e far crescere la buona relazione, quella memorabile, che lascia un segno profondo.
4_L’italia, terra di cibo e condivisione, cosa vuole il cliente di oggi?
Riprendo gli stessi concetti espressi da poco, il cliente del post-pandemia è molto più attento alla qualità a tutto tondo, dall’offerta gastronomica certamente, ma soprattutto c’è bisogno di quelle che io chiamo “riparazioni emotive”, di guardarsi negli occhi, di sorridere, questo è ciò che vuole sperimentare un cliente quando entra in un ristorante. Un aspetto che piace a tutti per esempio è quello di scambiare due parole con lo chef o di ascoltare il consiglio semplice e appassionato di un cameriere che ti racconta quel vino, quel piatto particolare. Ecco, torno un attimo al concetto di leadership: qui è proprio il leader che deve dare l’imprinting alla propria brigata, attraverso iniezioni quotidiane di passione e di fiducia per il proprio lavoro. Solo così lo staff sarà in grado di trasferire amore anche al cliente.
Più volte propongo nei miei master il modulo “A scuola di gentilezza”. Abbiamo un bisogno viscerale di gentilezza, tanto più dopo una crisi epocale come quella che abbiamo vissuto.
5_Dalla sua esperienza: quali sono gli esempi più sorprendenti di leadership?5
Tra i più recenti non posso non citare l’empatia unica di Elio Sironi. Quando capita di incontrarlo al lavoro, si percepisce quanto autorevole (non autoritario!) sia il suo modo di rapportarsi con il suo staff: ho ritrovato in lui le mille caratteristiche di un vero leader: ascolto, condivisione, capacità di coinvolgimento, rispetto, sacrificio, resilienza, spirito visionario e passione senza limiti.
6_Come si evolve la formazione scolastica oggi?
In Italia penso ci sia ancora molta strada da fare, il compito di noi formatori è quello di perseverare nel cercare di far conoscere tutto ciò che va al di là della pura didattica. Nei miei master quasi mai incontro giovani che provengono da scuole superiori professionali, il più delle volte si iscrivono professionisti di altri insospettabili settori, come avvocati o ingegneri, ma appassionati di cucina, sta aumentando l’offerta di ruoli manageriali, soprattutto a livello di hotellerie. Anche questo è un aspetto molto importante all’interno di un’organizzazione che si rivolge al pubblico.
Penso inoltre sia fondamentale e istruttiva l’esperienza diretta degli studenti, in occasione di stage o nel caso dell’alternanza scuola-lavoro. Un modo serio e concreto per capire se quella scintilla che li porta verso una cucina possa davvero col tempo trasformarsi in passione e, perché no, possa diventare la professione per la vita.
7_Claudio Achilli che visita un nuovo ristorante, cosa lo colpisce di più? (in positivo e in negativo).
Parto dal welcome: il senso vero dell’accoglienza. Il fatto che il cliente non venga accolto empaticamente e che nessuno ti accompagni al tavolo è una brutta partenza per me. Non è vero che siano solo le location stellate a doverlo fare. In positivo? Mi colpisce l’empatia, un cameriere che ti guarda negli occhi, che ti orienta nella scelta migliore, che ti comunica con passione la storia del piatto e del locale e che ti ringrazi alla fine. Sono tutti aspetti fondamentali per fidelizzare il cliente e per garantirsi un passa parola positivo.
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About
Claudio Achilli
Toscano di origine, milanese non per diletto, si specializza in psicologia del lavoro alla Cattolica di Milano dopo la laurea in Legge conseguita a Firenze con Roberto Zaccaria emerito costituzionalista ed ex Presidente Rai.
Matura una consolidata esperienza ultradecennale nelle Risorse Umane come HR Manager in contesti nazionali e multinazionali (Saint-Gobain, Olpidurr, Banco Ambrosiano Veneto, Panasonic Italia), visitando diversi ambiti professionali.
Da molti anni docente e moderatore alla 24ORE Business School, dal ’95 è Executive Consultant, Business Coach, Docente e Moderatore per significative realtà industriali e di servizi.
Appassionato di teatro e di musica, progetta interventi formativi contaminandoli con momenti ad alto impatto emotivo e metaforicamente aziendali.
“Gli attraversa-menti teatrali permettono di apprendere, evolversi, crescere con leggerezza” – riferisce a chi lo intervista.